Le indicazioni all’esecuzione di un intervento di resezione colorettale sono molteplici. Le più frequenti sono i tumori colorettali, le diverticoliti e le malattie infiammatorie colorettali (Morbo di Crohn e Rettocolite ulcerosa). Una volta completato l’iter diagnostico ed eseguita un’accurata valutazione anestesiologica il paziente può essere candidato all’intervento chirurgico che in più dell’80% dei casi, viene eseguito per via laparoscopica. E’ stato infatti dimostrato che la laparoscopia fornisce le stesse garanzie di radicalità oncologica rispetto alla chirurgia tradizionale, con un minor dolore post operatorio, un più rapido recupero e una più breve degenza ospedaliera. L’intervento va proposto e discusso con il paziente ed è dovere dello specialista coloproctologo presentargli tutte le possibili alternative chirurgiche. Il trattamento prevede l’asportazione del tratto di colon interessato dal tumore con tutti i linfonodi tributari della zona colpita dalla malattia. E’ evidente come l’intervento possa differire molto a seconda di molti fattori quali il tratto di intestino colpito, la grandezza del tumore, la sua diffusione locale o a distanza (metastasi), le condizioni generali e non ultima la volontà del paziente.

Anatomia del colon e vascolarizzazione arteriosa

Anatomia del colon e vascolarizzazione arteriosa

Gli interventi consistono in una resezione del colon o del retto, che varia a seconda della sede del tumore:

 

Emicolectomia destra ed ileotrasverso anastomosi con legatura della arteria colica destra

Emicolectomia destra ed ileotrasverso anastomosi con legatura della arteria colica destra



Resezione del trasverso con legatura della arteria colica media

Resezione del trasverso con legatura della arteria colica media

 

Emicolectomia destra allargata ed ileotrasverso anastomosi con legatura della arteria colica destra e media

Emicolectomia destra allargata ed ileotrasverso anastomosi con legatura della arteria colica destra e media

 

Emicolectomia sinistra con legatura della arteria mesenterica inferiore

Emicolectomia sinistra con legatura della arteria mesenterica inferiore

 

Sigmoidectomia con legatura delle arterie sigmoidee

Sigmoidectomia con legatura delle arterie sigmoidee

 

 

Resezione anteriore di retto

Resezione anteriore di retto

 

 

Amputazione per via addominoperineale con colostomia terminale sul discendente

Amputazione per via addominoperineale con colostomia terminale sul discendente


La resezione anteriore del retto rappresenta l’intervento tecnicamente più difficile, in quanto la dissezione deve essere estesa fino in prossimità dell’ano. Tanto più ci si avvicina all’ano, tanto più si rischia che l’anastomosi (la sutura sull’intestino) non riesca a guarire completamente. Per favorire il processo di guarigione ed evitare complicanze post-operatorie, nelle resezioni del retto ultrabasse viene confezionata una ileostomia temporanea (il cosiddetto “sacchetto”), che potrà essere chiusa con normale ripristino del transito intestinale a distanza di 6-8 settimane dall’intervento. Per quanto riguarda invece gli altri interventi sul colon eseguiti in regime di elezione il rischio di confezionamento di una stomia temporanea è bassissimo. Esistono tumori del retto talmente vicini all’ano da non consentire il ripristino del normale transito intestinale. In questi casi, per altro sempre più rari, è necessario asportare completamente l’ano in contiguità con il retto, confezionando un colostomia definitiva. Sebbene questo influisca enormemente sulla qualità di vita di un paziente, in certi casi rappresenta l’unica possibilità per garantire la radicalità oncologica. Un regolare decorso post operatorio prevede la rimozione del catetere vescicale e la mobilizzazione già I giornata, l’assunzione di liquidi in II/III giornata, l’alimentazione in III/IV e la dimissione in V/VI. Il paziente verrà quindi atteso in ambulatorio per le successive visite di controllo, normalmente programmate a distanza di 2-3 settimane, e successivamente secondo indicazioni del chirurgo curante. Sarà anche effettuata una visita specialistica oncologica per stabilire, in base al referto dell’esame istologico definitivo e in accordo con il paziente, l’eventuale indicazione ad eseguire una chemioterapia adiuvante. La laparoscopia rappresenta una delle maggiori innovazioni chirurgiche degli ultimi 30 anni. Descritta per la prima volta in Germania da Eric Muhe nel 1985 per trattamento di calcolosi della colecisti con colecistectomia, ha avuto a partire dagli anni 90 una rapidissima diffusione in tutto il mondo, dati gli enormi vantaggi in termini di ridotto dolore post operatorio, ridotta degenza ospedaliera, più rapido recupero funzionale e migliore risultato estetico. La tecnica si basa sull’induzione del cosiddetto pneumoperitoneo, cioè nell’insufflazione di un gas a pressione costante (nella fattispecie anidride carbonica) all’interno dell’addome. La pressione, mantenuta in genere tra i 12 e i 14 mmHg distende la parete addominale creando un campo chirurgico adeguato all’esecuzione dell’intervento. A questo punto, attraverso incisioni non più ampie di 1 cm viene introdotto un numero variabile di trocar. Si tratta di strumenti cilindrici cavi muniti di valvola che, attraverso un mandrino conico appuntito o una lama retrattile, vengono introdotti attraverso la parete addominale, mettendo in comunicazione il cavo peritoneale con l’esterno. Sfilato il mandrino, la valvola garantisce la stabilità dello pneumoperitoneo e attraverso il trocar possono essere introdotti l’ottica e gli strumenti operativi. L’ottica, del diametro di 10 o 5 mm, viene collegata ad una fonte luminosa che fornisce un’adeguata illuminazione al campo operatorio e, tramite un sistema di fibre ottiche, ad una telecamera; l’immagine da quest’ultima generata viene visualizzata su un monitor osservando il quale il chirurgo esegue l’intervento. Una volta ispezionato l’addome vengono posizionati sotto visione i trocar necessari e ,attraverso questi ultimi, si introducono gli strumenti adatti all’esecuzione del’intervento. Nelle resezioni coliche è sempre necessario asportare il tratto di colon resecato. Questo è possibile eseguendo una mini incisione (detta laparotomia di servizio) in sede sovra pubica, sottombelicale o al fianco destro, di dimensioni estremamente ridotte rispetto all’incisione richiesta per eseguire l’intervento secondo la tecnica tradizionale. La continuità intestinale ripristinata tramite una sutura manuale o meccanica eseguita attraverso la minilaparotomia di servizio (anastomosi extracorporea) oppure avvalendosi di una suturatrice meccaniche introdotta per via trans anale o attraverso un trocar (anastomosi intracorporea).

 


La tecnica laparoscopica rappresenta unicamente una diversa via d’accesso all’addome. L’intervento chirurgico risulta infatti identico a quello eseguito per via tradizionale con i vantaggi di cui sopra, che derivano dal minimo traumatismo provocato a livello della parete addominale. Qualora per difficoltà tecniche non sia possibile eseguire correttamente l’intervento o subentri una complicanza intraoperatoria (e.g. un sanguinamento) difficilmente gestibile in laparoscopia, è imperativo “convertire” l’intervento alla via chirurgica tradizionale eseguendo un’incisione addominale adeguata. Negli ultimi anni sono state proposte nuove metodiche di asportazione locale dei tumori, in particolare quelli del retto, che in casi ben selezionati portano ad un risultato paragonabile a quello di interventi più impegnativi per il paziente. Un aiuto importante alla chirurgia è dato dalle terapie complementari quali la radio e la chemioterapia che se eseguite prima dell’intervento, nei casi in cui siano indicate, servono a ridurre la massa tumorale, facilitando il compito del chirurgo e diminuendo la possibilità di diffusione locale della malattia. Grazie alla collaborazione sempre più stretta tra oncologi, radioterapisti e chirurghi la chirurgia del cancro colorettale si è fatta sempre più conservativa e solo raramente si assiste all’esecuzione di interventi molto demolitivi come accadeva fino a non molti anni fa. Questo approccio multidisciplinare al cancro colorettale sta dando ottimi risultati sia sulla sopravvivenza che sulla qualità di vita dei pazienti.

3 commenti

  1. Fabio in 1 Luglio 2017 il 17:34

    Buonasera dottore…mia mamma si è sottoposta a resezione del colon e le sono stati asportati circa 40 cm di intestino…il decorso post operatorio sta procedendo abbastanza bene e l’esame istologico è risultato negativo…l’unica cosa che mia madre lamenta dopo 10gg dall’intervento è una alta frequenza di evacuazioni,circa 5 al giorno,senza peró dolori all’addome o scariche continue…vorrei chiederle se tutto ciò rientra nei normali eventi post operatori e l’intestino ha ovviamente bisogno di giorni prima di stabilizzarsi…restando in attesa le invio cordiali saluti.

  2. Raffaele presta in 16 Agosto 2017 il 16:03

    Dopo intervento chiruguco di asportazione di 40 cm di colon in prossimità dell’ano non si riesce ha controllare la defecazione e ti ritrovi ” sporco ” senza accorgermene, oltre a maledire ogni cosa, c ‘è una soluzione?

  3. Tiziana Tavian in 23 Agosto 2020 il 11:38

    Buongiorno dottore,
    sono Tiziana, età 55 anni e da poco dimessa dall’ospedale per diverticolite acuta con anche una piccola raccolta di pus. Sparita la flogosi fatta colonscopia il risultato è stato ok. A distanza di un paio di mesi nuovamente dolori sinistra basso ventre ,con forti come precedentemente e no febbre, mi sto curando con antibiotico per via orale e disinfettante intestinale.
    DOTTORE VOLEVO CHIEDERLE SE ESISTONO TECNICHE INNOVATIVE PER L’ESPORTAZIONE EVENTUALE DEL PEZZO DI COLON MALATO E SOPRATTUTTO SENZA STOMIA ( IL SACCHETTO È UNA COSA CHE MI FRENA MOLTO…….spero mi dia buone notizie,
    Cordiali saluti, Tiziana.

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